Ondina Peteani

Ondina Peteani (1966)

Ondina Peteani (Trieste, 26 aprile 1925 – Trieste, 3 gennaio 2003) è stata un'operaia e partigiana italiana, nota in quanto è considerata la prima staffetta a servire i combattenti della lotta di liberazione.

Biografia

Operaia nei cantieri navali di Monfalcone, entra diciottenne nel Movimento di liberazione unendosi nel 1943 ai battaglioni partigiani del Carso, nello specifico con la Brigata Proletaria[1], facendo loro da staffetta.

Arrestata due volte, riesce a eludere la sorveglianza con rocambolesche fughe, ma viene ripresa l'11 febbraio 1944 a Vermegliano e segregata nel Comando delle SS di piazza Oberdan a Trieste, da dove viene poi trasferita al carcere del Coroneo, e quindi deportata a mezzo carro bestiame al campo di concentramento di Auschwitz nel marzo successivo, dove le viene tatuato il numero 81672.

In un'intervista rilasciata a Marco Coslovich, di Auschwitz dice:

«Di Auschwitz ho un ricordo stupido se si vuole - ... una sera sono andata sulla soglia della porta della baracca e c'era una lunona grande. Pensavo - la vedono anche a casa mia. Mi ha preso un'angoscia, un male fisico, una nostalgia così dolorosa della mia gente, della mia terra, di casa... Avevo il terrore di non farcela e mi ricordo che ci torturavamo dicendoci - ... finirà presto la guerra, ci vedranno in questo stato e ci porteranno a casa con degli aerei. Avranno tutte le cure per noi ridotte in queste condizioni. Così in poche ore busseremo alla porta di casa e sentiremo dire - chi è ... Mamma, mamma ... E allora giù a piangere disperate»

Successivamente trasferita al campo di Ravensbrück, nell'ottobre dello stesso anno viene poi assegnata ai lavori forzati in una fabbrica di Eberswalde, presso Berlino, dove mette in atto un programma di sabotaggio, rallentando sensibilmente il ciclo produttivo, grazie a continui e ripetuti, pignoli, controlli, con la scusa della verifica dei torni e delle parti prodotte. Il 2 aprile 1945 durante una marcia di trasferimento a Ravensbrück riesce a fuggire e a tornare a Trieste, dove giunge a luglio.

Del rientro a casa parla così:

«Emozionante è stato tornare a casa. Avevo avuto il tempo di recuperare la sensibilità, l'umanità perduta. Sono stata fra le prime a rientrare, erano i primi di luglio, tre mesi incredibili per attraversare 1300 chilometri circa, in un'Europa in ginocchio, senza più ponti, strade e ferrovie integre. Quando ho abbracciato mamma, papà ed il cane che mi è saltato addosso per farmi le feste e che mi ha riconosciuto, allora sì che ho capito di essere tornata libera»

Nel dopoguerra Ondina Peteani ha esercitato la professione di ostetrica, impegnandosi politicamente nel PCI, nell'ANPI e nelle organizzazioni sindacali.

Note

  1. ^ La "Brigata Proletaria" non si arrende, su olokaustos.org. URL consultato il 20 aprile 2015 (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2015).

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Collegamenti esterni

  • Elisabetta Lecco e Lauro Rossi, PETEANI, Ondina, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 82, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2015. Modifica su Wikidata
  • Ondina Peteani, su enciclopediadelledonne.it, Enciclopedia delle donne. Modifica su Wikidata
  • Ondina Peteani, in Donne e Uomini della Resistenza, Associazione Nazionale Partigiani d'Italia. Modifica su Wikidata
  • La Storia di Ondina Peteani sul Portale www.lager.it
  • Fondazione Memoria della Deportazione, su deportati.it.
  • Una raccolta di materiale sulla Peteani, su atuttascuola.it. URL consultato il 9 febbraio 2006 (archiviato dall'url originale il 19 febbraio 2006).
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