Zura Karuhimbi
Zura Karuhimbi (Gitarama, 1925 circa – Distretto di Ruhango, 17 dicembre 2018) è stata una filantropa ruandese.
È una delle persone che hanno salvato più individui durante il genocidio del Ruanda. Sfruttando la superstizione locale, riuscì a evitare a più di 100 perseguitati una morte certa fingendo di essere una strega e minacciando di ripercussioni sovrannaturali i carnefici che avessero ucciso lei e chi si trovava sotto la sua protezione. Chi veniva da lei accolto si nascondeva nella sua piccola casa o nei campi adiacenti e tutti coloro che aiutò sopravvissero al genocidio.
Biografia
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Origini
Di etnia hutu, nacque all'incirca a metà degli anni 1920[1] nel distretto di Muhanga in una famiglia di guaritori tradizionali, dalla quale apprese rudimenti di medicina e come usare le erbe.[2][3]
Visse la maggior parte della sua vita nelle campagne del Ruanda, svolgendo l'attività di guaritrice e coltivando un piccolo appezzamento di terreno adiacente alla sua casa. Già durante i primi anni sperimentò l'odio razziale tra hutu e tutsi e per questo decise di votarsi al totale aiuto del prossimo durante la sua intera esistenza.[2] Durante questo periodo cominciò ad aiutare i tutsi perseguitati; asseriva di aver salvato la vita anche al futuro presidente del Ruanda Paul Kagame, acconciandolo in modo da farlo passare per una bambina ed evitandogli così un'esecuzione sommaria.[3]
Genocidio del Ruanda
Quando nel 1994 esplose la violenza etnica in Ruanda e la milizia hutu dell'Interahamwe cominciò il massacro sistematico dell'etnia tutsi, Zura Karuhimbi, pur essendo una hutu, rigettò le violenze e, anzi, cominciò ad accogliere decine di rifugiati e perseguitati. Nascondeva chi ne aveva bisogno all'interno della propria casa, costituita da due sole stanze, sistemandoli sotto il suo letto o in un'intercapedine nel soffitto; in alternativa li faceva rifugiare nelle sue terre, celati in profonde buche o sotto cumuli di cesti e foglie secche.[3] Nel caso di bambini scampati al massacro delle proprie famiglie, era lei stessa, esponendosi a enormi rischi, ad andarli a prendere e a ospitarli presso di sé.[2][3] Non faceva distinzione alcuna, proteggendo allo stesso modo tutsi, hutu, twa, burundesi e persino alcuni europei.[3]
Non disponeva di armi o altri mezzi di difesa, ma, sfruttando la superstizione delle campagne africane e la sua fama come guaritrice, fece credere di essere una strega e di essere posseduta dai nyabingi, potenti spiriti maligni del folclore locale.[3][4] L'Interahamwe era a conoscenza del fatto che nascondesse delle persone, ma lei resistette a ogni minaccia e tentativo di corruzione, avvertendo che chiunque avesse violato la sua casa o ucciso un suo protetto sarebbe incorso nell'ira degli spiriti.[2][3] Pare che di notte, per dimostrare le presenze sovrannaturali, facesse un gran baccano con pietre, piatti e pentole per gettare nel terrore le milizie che pattugliavano i dintorni della casa,[2] ripetendo la stessa cosa durante il giorno con degli speciali braccialetti che era solita indossare.[3] Inoltre, grazie alla sua vasta conoscenza delle erbe, era in grado di ricavare un unguento urticante col quale rivestiva sé stessa e le pareti della sua casa, causando un terribile bruciore a chiunque la toccasse o tentasse di entrare, avvalorando così la sua fama di strega.[2][3][4]
Il numero esatto di persone da lei salvate è incerto; la Karuhimbi stessa ha dichiarato di non ricordare i nomi di tutti coloro che ha aiutato, ma si stima si sia trattato di più di un centinaio di persone.[2][3] Durante il genocidio morirono due dei suoi stessi figli, un maschio e una femmina.[3]
Dopo il genocidio
«If everyone was a witch doctor like me, genocide could not have happened.»
«Se tutti fossero stati maghi come me, il genocidio non sarebbe avvenuto.»
(Zura Karuhimbi al presidente Paul Kagame[4])
Terminata la carneficina, per le sue azioni venne dichiarata indakemwa ("giusta") e ricevette una medaglia dal presidente ruandese Paul Kagame.[2] Disse di essere cristiana e di non credere nella stregoneria, ma di averla adoperata solo come stratagemma.[3]
Visse gli ultimi anni in casa di una nipote e morì nel 2018.[2][3] Alcune fonti sostengono che fosse ultracentenaria, ma ciò è improbabile, oltre che non verificabile.[3][4]
La vicenda di Zura Karuhimbi ha ispirato il cortometraggio Bazigaga (2020) di Jo Ingabire Moys, a sua volta sopravvissuta al genocidio del Ruanda; la regista, rifugiata nella stessa zona dove viveva la "strega", apprese delle sue azioni solo una volta stabilitasi nel Regno Unito e la sciamana Bazigaga, personaggio eponimo del cortometraggio, è ispirata proprio alla sua figura. Il cortometraggio è stato candidato ai Premi BAFTA 2023.[5]
Onorificenze
Onorificenze ruandesi
Onorificenze straniere
In ricordo delle sue azioni, a Padova le è stata dedicata una stele nel Giardino dei Giusti del Mondo.[2]
Note
- ^ Lei stessa affermava di essere nata nel 1925, ma non esistono prove di ciò.
- ^ a b c d e f g h i j Zura Karuhimbi, su it.gariwo.net.
- ^ a b c d e f g h i j k l m n (EN) Flora Drury, Obituary: Rwanda's Zura Karuhimbi, who saved dozens from genocide, su bbc.com, 22 dicembre 2018.
- ^ a b c d (EN) Dan Ngabonziza, Meet Karuhimbi, whose prank saved 100 tutsi, su ktpress.rw.
- ^ (EN) Sarah Johnson, These women saved lives’: the film inspired by surviving Rwanda’s genocide, su theguardian.com.
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